Mai al di là del Pri

Verso una costituente liberaldemocratica e repubblicana

di Widmer Valbonesi

La politica italiana, bloccata da un bipolarismo delle estreme che accentua un atteggiamento autoreferenziale e corporativistico, è sempre più preda di tatticismi di potere e si avvita in una banalizzazione nell’analisi dei problemi che è sempre più disarmante. Impegnata a disegnare o a disennescare complotti, cerca scorciatoie pericolose per affrontare i problemi del paese e soprattutto paralizza le riforme, quelle che strutturalmente disegnano i livelli di civiltà e di sviluppo di un paese.

La sfida per la conquista del potere, diversamente dalla sfida per governare l’interesse generale del paese, si nutre di tattiche, di agguati, di ricatti al governo e di demagogia, di rivendicazionismo e giustizialismo per l’opposizione.

Il meccanismo bipolare, in un paese che ha una Costituzione parlamentare, pone perennemente in conflitto la governabilità col ruolo del Parlamento e apre immense crepe negli schieramenti per la conquista dell’egemonia politica. Che non è più il confronto e la sintesi di una argomentazione intellettuale, ma un puro esercizio muscolare, una continua mediazione che paralizza le riforme.

Nessuno ha più un modello di sviluppo del paese tarato sull’interesse generale e adeguato ai problemi immensi che la globalizzazione e la crisi mondiale pongono a tutti gli Stati.

Rispetto alle sfide che il mondo ci pone in termini di efficienza, di rigore, di ricerca scientifica, di sufficienza energetica, di efficienza del sistema paese e della sua rete infrastrutturale, la politica è assente, mentre si occupa di problemi marginali: di come tutelare i produttori di latte al di fuori delle regole stabilite con la Comunità, di come continuamente accrescere il ruolo delle autonomie locali senza mai tagliare i livelli inutili e gli sprechi. Nessuno pensa alla riforma fiscale, si continua a far pagare pensionati e lavoratori dipendenti ad aliquote piene e con anticipi certi e si tollerano evasioni di 120mila miliardi di euro all’anno.

Nessuno si azzarda ad avanzare una proposta perché comunque colpirebbe ceti parassitari di entrambi gli schieramenti. Un paese serio e maturo costruirebbe - insieme maggioranza e opposizione nel Parlamento - una riforma fiscale capace di colpire l’illegalità, di ridurre il deficit pubblico e di disegnare una frontiera di sviluppo per il paese e per le nuove generazioni.

Un paese moderno risolverebbe – in modo bipartisan - la riforma dello Stato abolendo gli enti inutili come le Province, ridurrebbe le comunità montane e i Comuni; ma il sistema bipolare rende impossibili le riforme strutturali perché le riforme strutturali guardano all’interesse generale. Il sistema bipolare guarda ai consensi elettorali.

Non esiste una cultura politica che voglia rappresentare quello che ho chiamato il "patriottismo costituzionale repubblicano", che è fatto di dovere, di senso di responsabilità verso l’interesse generale, di virtù civile e di istituzioni che a loro volta perseguono il bene comune e non interessi di parte.

Solo il Pri può essere il continuatore di questa tradizione che è sempre più necessaria ad evitare il declino politico - amministrativo del paese.

Per fare questo i repubblicani, tutti i repubblicani, quelli che militano all’interno del Pri e quelli che militano a destra come a sinistra, o sono liberi pensatori, devono costruire il progetto liberaldemocratico e non farsi distrarre dai tatticismi di Fini, Casini, o Bersani e D’Alema. In questo percorso, fatto di presa di coscienza del degrado del paese, devono essere coraggiosamente in prima fila con proprie proposte. Incontreranno molti scontenti, ma anche molte opportunità, soprattutto fra coloro che sono fuori dai sacri templi del potere: i giovani, coloro che non vogliono umiliarsi al desco dei potenti rinunciando alla libertà, gli scienziati, i ricercatori e tutti coloro che vogliono contribuire a creare un paese migliore, più libero e moderno, più civile e sicuro, democratico, non perché governato in nome della maggioranza, ma perché tutela i diritti delle minoranze. Ma incroceremo anche gli opportunisti, quelli che fiutano il vento e colgono ogni possibilità di tutelare se stessi.

Occorre fare valere le regole del rinnovamento, che non sono autoritarie ma di buon senso, di generosità nel coniugare il ringraziamento a chi ha operato con la necessità del nuovo: senza rivincite, ma riconoscendo il merito e l’impegno. Ecco perché un congresso a tesi costringe tutti a confrontarsi sui problemi e non più a schierarsi facilmente coi potenti o a procedere coi tatticismi. Il congresso a tesi costringe tutti a riconoscere il merito di chi studia, interviene, si confronta e fa una sintesi intelligente.

Il congresso di schieramento esalta l’illusione di contare sugli equilibri politici ovunque si stia, l’illusione di recuperare ad un unico progetto la diaspora e il futuro dei repubblicani, l’illusione di usare Casini o Fini per rafforzare il nostro ruolo: ma saremo usati e scaricati, come sempre, in quelli che sono tatticismi di posizionamento, non certo per le idee che possiamo portare.

L’obiettivo è quello di costruire un progetto liberaldemocratico che esiste in tutti i paesi più evoluti. Non dobbiamo farci distrarre da quattro "poltronai" che non hanno mai un sussulto di repubblicanesimo vero. Poi le alleanze possiamo farle tutte, ma sulla base di programmi e di impegni concreti e avendo alle spalle un progetto che elabori contenuti e che aggreghi forze di tradizione repubblicana, liberale e laica. Non oltre il Pri, ma avanti col Pri verso l’altra Europa e l’altra Italia nella costituente liberaldemocratica e repubblicana!